Contatta napoli.com con skype

Recensioni
Vice, l’uomo nell’ombra, di Adam McKay
di Giovanna D'Arbitrio
Riscuote successo di pubblico e critica il nuovo film di Adam McKay, Vice- L’uomo nell’ombra, candidato a diversi Golden Globe per miglior attore in un film commedia a Christian Bale, miglior film commedia, miglior regista ad Adam McKay, migliore attrice non protagonista ad Amy Adam, miglior attore non protagonista a Sam Rockwell, migliore sceneggiatura ad Adam McKay.

La pellicola è centrata sulla figura di Dick Cheney (Christian Bale) e la sua carriera politica che lo condurrà al ruolo di vicepresidente degli USA nell’arco di 50 anni. Il significativo prologo inizia negli anni ’70 quando lo scapestrato Dick viene aspramente rimproverato dalla sua ragazza, Lynne (Amy Adams), per i suoi bagordi e le continue sbornie, l’espulsione dall’università e l’arresto per guida in stato di ebrezza.

L’influsso di Lynne, con la sua smania di potere, sarà determinante per l’ascesa politica di Cheney che raggiungerà il suo picco durante l’amministrazione di George W. Bush (Sam Rockwell), ascesa segnata solo da una pausa dedicata alla vita privata dopo il coming out della figlia Mary, innamorata di una donna.

Quando G. Bush gli offrirà la vicepresidenza, tuttavia, accetterà la nomina anche se allora era considerata poco influente, poiché riuscirà ad ottenere dal nuovo presidente maggiori poteri per poter governare nell’ombra con l’aiuto di un’equipe e del suo ex mentore Donald Rumsfeld (Steve Carell) che lo aveva ben addestrato a una politica cinica e priva di ideali.

Malgrado ripetuti infarti, Cheney continuerà ad agire con un metodo silenzioso, strisciante e poco appariscente, osservando gli eventi storici che riesce a manipolare abilmente. La pesca, da lui spesso praticata, diventa il simbolo delle sue strategie politiche, in particolare gli ami che vanno accuratamente preparati, poiché per ogni pesce ci vuole un’esca diversa.

A quanto pare, si deve a lui la nascita di Fox News con la consequenziale fine della par condicio nell’informazione e l’uso di termini ingannevoli ed eufemismi che rendono più accettabili idee, strategie e leggi. Con l’aiuto di esperti in comunicazione, ad esempio la tortura praticata a Guantanamo o in paesi amici, viene definita “interrogatorio potenziato”, la guerra in Iraq giustificata con informazioni false su armi di distruzioni di massa e secondo il regista forse usata per poter agire indisturbati nello sterminio dei terroristi capeggiati da Bin Laden, ritenuto responsabile dell’attacco alle Torri Gemelle, e così via.

Vice è senz’altro una feroce satira in stile commedia sulla società americana, della quale fornisce un’immagine culturalmente e moralmente impoverita, disinteressata agli eventi politici e incapace di decifrarli, in particolare se manipolati da falsa informazione.

Il ritmo è velocissimo e lo stile originale con battute ironiche e continui colpi di scena, incluso quello finale dell’identità del narratore (Jesse Plemons) e altre trovate, come la finta conclusione del film con titoli di coda che poi sono interrotti dalla telefonata per la proposta alla vicepresidenza, oppure l’esilarante scena in cui Linney e Dick dialogano in pentametri giambici in inglese arcaico, simili alla Lady Macbeth e consorte del dramma shakespeariano.

Il film suscita riflessioni e discussioni, in particolare se confrontato con i più seri docu-film di Michael Moore (come Fahrenheit 9/11) e purtroppo, al di là della satira sulla società americana, esso genera un senso di impotenza e sfiducia negli spettatori che si sentono in balia di intrighi politici e false verità, sia a livello nazionale che internazionale.

Ecco un’intervista al regista:
https://www.youtube.com/watch?v=Zd2BRs9Bflg
13/1/2019
RICERCA ARTICOLI